Posted on venerdì 9 gennaio 2009
Rutelli smentisce con fermezza la notizia — ieri circolata — secondo la quale lui starebbe preparando le valigie per andare con Pier Ferdinando Casini dopo le elezioni europee. Per ora i rutelliani restano nel PD, ma è crescente il disagio per quel PD che odora sempre più di PCI-PDS-DS.
Lo strappo con il partito c’è già stato, e si è consumato sul caso Napoli. Lanzillotta, rutelliana di ferro, ha chiesto contro la linea del partito le dimissioni di Bassolino e Iervolino. Veltroni ha chiesto di ritrattare o di smentire, ma Rutelli non l’ha voluto fare. Così come Rutelli non ha voluto smentire Mantini, protagonista di un attacco alla gestione patrimoniale del PD (tanto da suscitare le ire di Fassino condite di parolacce, come da noi riferito in precedente artcolo). Lo stesso Mantini ha difeso la permanenza di Riccardo Villari alla guida della commissione di vigilanza Rai.
Cose queste che sono del tutto fuori la linea di Walter Veltroni. Rutelli ha rotto con Veltroni. Come conferma un deputato a lui vicino «Walter in questi ultimi tempi ha difeso, per diverse ragioni, Massimo D’Alema e Piero Fassino, ma quando Francesco è stato coinvolto nella vicenda di Napoli lui non ha fatto neanche un gesto di solidarietà». I rapporti tra i due che già prima vacillavano (dopo la sconfitta alle Amministrative di Roma), ora sono quasi inesistenti. Da una parte ci sono Veltroni e i suoi che hanno nutrito più di un sospetto per il Rutelli che correva a Napoli a parlare con i magistrati senza avvertire nessuno del partito, e che dopo le uscite di Lanzillotta e Mantini sono diventati ancora più diffidenti e si pongono sempre lo stesso interrogativo: ma dove vuole andare a parare Francesco? Dall’altra parte c’è l’ex leader della Margherita che ha avuto l’impressione di essere stato lasciato solo nella vicenda napoletana. «Questo partito sa molto di Pci», è il ritornello che Rutelli attacca spesso e volentieri quando si lascia andare a degli sfoghi. E ancora: «Se non ci fosse stata la Margherita che riequilibrava il peso dei diessini il Partito democratico non sarebbe mai nato».
I DS del Pd vivono con sempre maggiore insofferenza le prese di posizione dei rutelliani che appena possono prendono le distanze dalla linea ufficiale del partito. Del resto, Rutelli impone una discussione che i veltroniani e D’Alema non gradiscono, cioè quello della collocazione europea del partito che ha aperto un dibattito non ancora conclusosi e dagli esiti imprevedibili.
A mettere sale sulle piaghe pensa Parisi, che oggi attacca ancora Veltroni, «che ha provocato un disastro con l’illusione della solitudine: bisogna tornare all’Ulivo ». E a giungere alle estreme conseguenze ci pensa «Il Regno», mensile dei padri dehoniani di Bologna, vicini alle posizioni prodiane, per il quale «il Pd di Veltroni e D’Alema, con corredo di ex popolari, è avviato al declino». Veltroni non commenta. Ormai tace.