Posted on sabato 7 novembre 2020
Cinquanta anni orsono, nel secondo semestre dell’anno 1970, partivano con l’elezione dei consigli le regioni italiane. Domani su Il Capoluogo una mia riflessione su 50 anni di regionalismo mancato nell’era del coronavirus. C’è davvero poca voglia di festeggiare i 50 anni di Regione, e la maggior parte dei cittadini non piangerebbero se questi apparati costosi e burocratici fossero cancellati.
La pandemia ha mostrato tutti i limiti del regionalismo all’amatriciana, di una riforma federale incompiuta, con la frammentazione delle competenze, i conflitti tra poteri concorrenti, la confusione dei ruoli, la lentezza operativa, i guasti di una burocrazia intoccabile ed onnipotente. I presidenti poi, chiamati impropriamente governatori, si sono distinti nel competere con lo Stato centrale, come tanti “signori della guerra” in aperta competizione con l’Imperatore. Ogni regione si comporta come un ducato locale, dimenticando che l’art.5 della Costituzione riconosce le autonomie ma prima dice che la Repubblica è “una e indivisibile”. Cinquanta anni dopo, nell’emergenza della pandemia, le regioni non si stanno comportando come parte di un organismo unitario, quello che la Costituzione chiama “Repubblica”, ma più come una rissosa confederazione adusa al sistematico scaricabarile….
leggi su Il Capoluogo
https://www.ilcapoluogo.it/2020/11/06/50-anni-fa-nascevano-le-regioni-una-riforma-mancata-virus-e-regionalismo-allitaliana/?fbclid=IwAR383MKC0tiIcJ-9NryMqQH8-wFrqHCA6eN_8mr9dwXdnT-KInbvYq5K0QQ