Posted on martedì 31 maggio 2011
“La proroga del termine del prossimo 30 giugno, per la presentazione dei progetti per le case ‘E’, fuori centro storico, non esiste e non si farà”. É quanto ha affermato categoricamente il Commissario alla Ricostruzione, Gianni Chiodi, a margine della conferenza stampa per la presentazione del “piano d’intervento” di 221 milioni di euro, per mettere in sicurezza 213 edifici scolastici di 102 comuni abruzzesi. Ammette, Chiodi, che da più parti arrivano solleciti affinché ci sia una proroga, e in tal senso molte richieste giacciono sul suo tavolo. “La presentazione dei progetti – ha aggiunto Chiodi – è in grande ritardo, dovuto per la gran parte al fatto che i progettisti hanno troppi progetti da redigere”.
Era ora. Solo oggi Chiodi si è accorto del fenomeno. Meglio tardi che mai!
Avrebbe dovuto, il commissario, concordare con gli ordini professionali la sottoscrizione di un codice etico cui attenersi. Progettisti e direttori dei lavori, appunto. Questo rappresenta “il vero” problema, che né Chiodi né altri hanno voluto mai affrontare. Un progetto ben fatto ed “indipendente”, rappresenta la prima garanzia per un corretto avvio del processo di ricostruzione. Una direzione dei lavori cosciente, autorevole ed “indipendente” garantisce il buon esito dei lavori, ed ancora la trasparenza, l’efficienza e l’efficacia della spesa dei soldi pubblici, investiti nella ricostruzione. Ma funziona veramente tutto? Sicuramente no! Basta scorrere gli elenchi pubblici degli incarichi finora affidati e che riguardano, prevalentemente, gli edifici classificati B e C, per constatare che molti progettisti singoli, hanno decine o addirittura centinaia di incarichi di progettazione. Da quello che si sa, per gli edifici E e per gli aggregati, la situazione non cambia, anzi si aggrava. “Illustri” professionisti cittadini, che prima del terremoto fatturavano poche decine di migliaia di euro, progetteranno ed avranno direzioni di lavoro per centinaia di milioni di euro con parcelle super milionarie. Un singolo progettista, accumulerà incarichi di gran lunga superiori di quelli delle più grandi società di ingegneria a livello nazionale, che hanno decine di ingegneri alle proprie dipendenze.
Buon per loro, nuoteranno nell’oro. Ma questi soggetti hanno la capacità tecnica, organizzativa e finanziaria, per svolgere al meglio ed in modo “indipendente” il proprio lavoro? Noi non lo crediamo. Basta esaminare la lista delle richieste che vengono fatte alle imprese, in fase di qualifica.
In tutte figura una dicitura che grossomodo suona così: “disponibilità dello studio tecnico dell’impresa, ad affiancare i progettisti incaricati dal condominio”. Il che sta a significare che il progetto sarà realizzato dall’impresa, a suo uso e consumo? Noi non ci vogliamo credere. Ma chi farà poi, la direzione dei lavori e la redazione della contabilità? Anche in questo caso, il Commissario alla Ricostruzione Gianni Chiodi, avrebbe dovuto pretendere trasparenza e correttezza.
Perché se è vero che non è possibile limitare la libertà di acquisizione degli incarichi, è pur vero che occorre stabilire un corretto rapporto tra capacità tecnica numero di ingegneri, architetti, geometri, etc. stabilmente associati, ed importo e tipologia dei lavori da progettare e dirigere. Avrebbe dovuto stabilire, Chiodi, la presentazione di garanzie finanziarie e fideiussorie adeguate, che mettessero al riparo i committenti e lo Stato, non solo dagli errori progettuali ma anche dalle inadempienze del progettista. Perché, se il progetto non viene presentato nei tempi e si perde il contributo, chi risarcirà il privato dal danno subito? (Stiamo parlando di milioni di euro).
Ecco perché occorre predisporre un disciplinare tipo, che preveda anche fideiussioni adeguate e penali. Basterebbe anche, nei casi di affidamento degli incarichi professionali, così come si fa per le imprese di costruzione, far riferimento ai requisiti necessari per lavori pubblici di analoghi importi e tipologie. Certamente, se Chiodi avesse l’intelligenza e la trasparenza per fare questo, non farebbe piacere alle lobby professionali, che finora non si sono poste il problema di un codice etico e comportamentale. Farebbe però gli interessi dello Stato, della città terremotata e dei cittadini, che hanno tutto il diritto a rientrare al più presto nelle loro abitazioni, rese veramente antisismiche.
Non finisce qui, torneremo nuovamente sul problema.
Peppe Vespa per L’Editoriale