Posted on giovedì 25 agosto 2011
Gli italiani si pongono sempre più una domanda, alla quale nessuno dà una risposta: ma a cosa servono le Regioni? Di tutte le strampalate riforme italiane, l’istituzione delle Regioni – prevista peraltro dalla Costituzione – è stata certamente la più inutile (perché il cittadino non ha percepito alcun beneficio) e la più dolorosa in termini di costi e malaffare (e quindi di tasse da pagare). Nel dibattito sulla riduzione dei costi della politica si parla tanto di abolizione delle piccole province e di accorpamento di piccoli comuni, ma pochi toccano la questione delle regioni: sono troppe, sono costose, sono soprattutto inutili. Almeno vengano accorpate e ridotte alla metà, come già autorevolmente proposto in passato (vedi il sempre attuale studio della Fondazione Agnelli di ben 30 anni orsono).
Le Regioni danno il peggio di sé sui costi del personale: i dirigenti ed i dipendenti regionali valgono tanto oro quanto pesano. Ma questo non è vero in tutto il Belpaese: ad ogni cittadino della Lombardia i dipendenti della Regione costano soltanto 22 euro a testa l’anno, mentre la media nazionale è di 44 euro per ogni italiano. E chi alza la media? Le regioni del Sud, ovviamente: i siciliani pagano per i dipendenti regionali venti volte quanto pagato dai milanesi: 350 euro pro capite. La Sicilia dispone di un esercito di 20 mila regionali che costano quasi 2miliardi di euro l’anno. Una somma esorbitante, spropositata, pazzesca. Con una media di 42mila euro di stipendio lordo, i dipendenti della Sicilia guadagnano il 40% in più dei ministeriali romani. Inoltre vanno in pensione molto prima e con assegni ben più consistenti, che la Corte dei Conti ha calcolato in circa 2.500 euro pro capite. Altrettanto scandalosa la retribuzione dei consiglieri regionali: con 10.300 euro lordi al mese un consigliere regionale del Molise guadagna più del presidente francese Nicolas Sarkozy, anche se è ancora lontano dai 144 mila euro annui dei presidenti della Regione e della Giunta regionale. Pure in Sardegna i politici si fanno pagare bene. Il costo medio per abitante degli organi istituzionali arriva a 53 euro, contro una media nazionale di appena 11 euro, sotto la quale ci sono solo Lombardia, Veneto, Piemonte e Toscana (9 euro a cittadino). In tempi di riduzione (a chiacchiere) dei costi della politica, ben oltre la media nazionale ci sono la Liguria, con 18 euro a testa, l’Abruzzo (22), la Basilicata (24), la Calabria (38), la Campania (16). Ed ovviamente la Sicilia (31 euro pro-capite).
A parte i clamorosi costi del personale e degli organi istituzionali, fuori controllo in quasi tutte le regioni, un altro dato che salta all’occhio è che la Regione fa male alla salute. Infatti, all’atto della istituzione delle regioni, deve essere accaduto qualcosa di veramente terribile, tipo la caduta della meteora che sterminò i dinosauri. Non appena costituite le Regioni, la gente ha cominciato di colpo ad ammalarsi, soprattutto a cadere dalle scale, ad incorrere in forme di cecità fulminante, a perdere l’uso delle orecchie, a non poter più neanche usare le mani. Le Regioni hanno portato un’epidemia di invalidità, peggio della Spagnola. In molte Regioni, il 20% degli abitanti ricevono una pensione o un’indennità. A livello nazionale, gli assistiti per invalidità in Italia sono il doppio della Germania e della Francia. Fa eccezione solo il Trentino alto Adige: l’anno scorso, è stata concessa una pensione di invalidità, una soltanto. Evidentemente fa bene l’aria di montagna.
Possibile? Sono numeri, ma i governatori non ci sentono e rifiutano compatti ogni taglio, ogni ipotesi di accorpamento di questi grandi carrozzoni. Gli sprechi esistono pure nei ministeri, certamente, ma le Regioni in fatto di sprechi, ruberie e malaffare non le batte nessuno (con qualche eccezione). I bilanci delle Regioni raccontano la grande cuccagna. Parlano di un’Italia frammentata, dove alcune burocrazie (Lombardia) costano poco e rendono molto ed altre (tutto il Sud e pure parte del Centro) costano troppo e rendono pochissimo. Ci sono pure regioni virtuose, quindi. La Lombardia, il Veneto, la Liguria, l’Emilia- Romagna. In tutte le altre il costo dell’amministrazione vola: 93 euro pro-capite per i lucani, 84 per gli umbri, 83 per i calabresi, 76 per gli abruzzesi, 71 per i campani, 64 per i marchigiani, 56 per i pugliesi, 53 per i laziali, 50 per i piemontesi. Ci sono Regioni dove il costo del personale pesa quasi quindici volte più che in altre. Il rapporto tra gli stipendi pagati ai dipendenti e la spesa corrente complessiva, che è poi il criterio che il governo ha proposto l’anno scorso in Parlamento per definire la virtuosità delle Regioni e stabilire così chi tra loro dovrà sobbarcarsi il maggior contributo alla manovra antideficit (4,5 miliardi l’anno), della quale i governatori non vogliono neanche sentir parlare, è pari in Lombardia allo 0,85%. In Sicilia, manco a dirlo, arriva al 10,4%: un euro su dieci se ne va per pagare i dipendenti. La media delle Regioni a statuto ordinario è l’1,99% e solo sei sono sotto: la Liguria, il Lazio, l’Emilia Romagna, la Toscana e il Veneto. Tutte le altre sfondano allegramente la soglia.
L’albero della cuccagna, con i trasferimenti dello Stato a piè di lista, dovrebbe essere reciso definitivamente dal federalismo fiscale. I trasferimenti saranno sostituiti da tasse che sindaci e governatori dovranno manovrare per far quadrare i loro conti. I costi della sanità non saranno più calcolati sulla spesa storica, sulla quale negli anni si sono incrostati gli sprechi e il malaffare, ma sulla base dei costi standard, facendo riferimento alla spesa sostenuta dalla Lombardia, la regione più virtuosa. Per avere i conti a posto bisognerà aspettare il federalismo, che obbligherà i governatori che sforano i tetti ad aumentare le tasse ai propri elettori molto più di quanto non possano o vogliano farlo oggi. O a chiudere veramente gli ospedali che non servono. Non come succede a Posillipo, la collina più ospedalizzata del mondo, dove ci sono quattro nosocomi e due cliniche universitarie per quattromila posti letto. O come succede in Abruzzo, una regione con poco più di 1mln di abitanti, ma con 22 ospedali ed una pletora di cliniche convenzionate. Roba da pazzi. “E io pago” – per dirla alla Totò…
Ma queste regioni, perché non le aboliamo o almeno accorpiamo? Non se ne parla. Invece si parla della cancellazione dei comuni al di sotto dei 1000 abitanti, l’unico punto di riferimento per comunità spesso emarginate e periferiche. Sapete il risparmio? Cancellare tutti i comuni al di sotto dei 1000 abitanti porta ad un risparmio annuo esattamente pari al costo di 27 deputati. Meglio cancellare 1063 comuni o 27 deputati? Dite voi.