Posted on venerdì 17 settembre 2010
Sono passati 25 anni da quel 17 settembre 1985, quando Enzo Tortora fu condannato con una sentenza dal tribunale di Napoli a dieci anni di reclusione per associazione per delinquere di tipo mafioso e traffico di stupefacenti. Una delle pagine più buie della Giustizia italiana. Un clamoroso errore giudiziario per il quale, ovviamente, nessuno ha pagato. L’inchiesta nei riguardi di Tortora era cominciata nel 1983, quando due pentiti della Nuova camorra organizzata indicarono Tortora, «quello di Portobello», quale appartenente alla Nco con l’incarico di corriere di droga. Bastò ai Magistrati per arrestare Tortora il 17 giugno 1983. Tortora fu arrestato all’alba ma fu portato in carcere in tarda mattinata, solo quando – secondo la ricostruzione successiva dei difensori – fotografi e cineoperatori furono pronti a ritrarre l’imputato in manette e sbattere il mostro in prima pagina. Fin dal primo momento fu chiaro alla maggior parte degli italiani che Tortora era innocente. Le accuse semplicemente incredibili. Soltanto dopo sette lunghissimi mesi di detenzione, l’imputato ebbe gli arresti domiciliari. Fu quindi eletto eurodeputato radicale il 17 giugno 1984. Il 20 luglio 1984 tornò in libertà e annunciò che avrebbe chiesto al Parlamento europeo di concedere l’autorizzazione a procedere nei suoi riguardi che fu data il 10 dicembre. Dopo il suo rinvio a giudizio, il 4 febbraio 1985, arrivò la sentenza di condanna di primo grado. Il 15 settembre 1986, la Corte di appello di Napoli rovesciò il verdetto: assoluzione con formula piena. «È la fine di un incubo», disse il presentatore. L’ innocenza dell’imputato fu confermata il 13 giugno 1987 dalla Corte di cassazione, ma Tortora era stato minato nella salute da questa incredibile vicenda e morì meno di un anno dopo.